Vi informo che è appena stato eletto a grande sorpresa generale Giovanni Malagò alla presidenza del CONI.
Lo sconfitto è Raffaele Pagnozzi, sponsorizzato da Gianni Petrucci ( Presidente uscente ).
Sicuramente un segnale di importante e positivo rinnovamento nel mondo dello sport e non solo. Una vittoria che è il frutto di un vento di cambiamento, che come tale ha determinato degli effetti anche nel mondo sportivo.
Si è finalmente interrotto un sistema di potere bloccato oramai da troppo tempo, un sistema che aveva clamorosamente bocciato la nostra candidatura di VENEZIA 2020 considerandola addirittura non ammissibile, bloccando di fatto delle grandi opportunità di sviluppo per il nostro territorio. Lo sport ha avuto il coraggio di lanciare un significativo segnale di cambiamento.
Ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente nel mio ultimo viaggio a Roma ( metà gennaio 2013 ) in occasione della nomina del nuovo Presidente della FIPT Emilio Crosato, l'impressione è stata positiva.
Bisogna però ricordare che Giovanni Malagò è stato il Presidente del Comitato Organizzatore dei Mondiali di Nuoto del 2009 e del Comitato Promotore di ROMA 2020, esempi che non hanno lasciato proprio un bellissimo ricordo.
Ora il nuovo Presidente è atteso alla prova dei fatti, l'ostacolo più duro sarà quello di riuscire a superare la sua visione romanocentrica della gestione del potere, delle nomine e delle risorse. La speranza è che più che "uomo di sistema" rappresenti "uomo di rinnovamento". Attendiamo con fiducia.
Rossano Boscolo
Chi è Giovanni MALAGO'
La Roma nel cuore, il calcetto per passione, e poi l'Aniene, il circolo diventato il suo gioiello. Giovanni Malagò, 54 anni il prossimo 13 marzo, papà separato di Vittoria e Ludovica, le gemelle 25enni avute da Lucrezia Lante della Rovere, in Giunta nel 2000 e poi nel 2009, è il nuovo presidente del Coni. Una laurea in economia e commercio con il massimo dei voti, è un imprenditore (Samocar) che non ha mai nascosto la grande passione per lo sport: da 'agonista' ha praticato il calcio a 5, vincendo tre titoli italiani con la Roma RCB e con la Nazionale ha partecipato ai mondiali in Brasile nel 1986. Nel suo curriculum sportivo ci sono però anche tennis, sci, nuoto, atletica, basket e canottaggio.
LA CARRIERA - Poi il salto dietro la scrivania: dal 1997 è presidente del Circolo Canottieri Aniene, uno dei più prestigiosi della Capitale, che sotto la sua direzione è diventato anche la casa di atleti di vertice: la sua campagna acquisti ha portato sulle rive del fiume capitolino campionesse come Federica Pellegrini, Josefa Idem e Alessandra Sensini. Da dirigente sportivo ha presieduto il comitato organizzatore degli Internazionali di tennis (98-99) e la Virtus Roma di basket (2000-2001): nel 2002 ha ricevuto la Stella d'oro al merito sportivo, è stato presidente dei mondiali di nuoto Roma 2009 e consigliere e membro del comitato d'onore per la candidatura, fallita, di Roma per i Giochi del 2020. Presiede anche l'Acquaniene, un centro sportivo polifunzionale. Da imprenditore si occupa, tra l'altro, di auto di lusso.
ROMANISTA - Ma il suo nome è spesso legato al gossip: tanti i flirt veri o presunti che gli sono stati attribuiti da Monica Bellucci a Alessia Marcuzzi (sue grandi amiche), e ancora Valeria Marini e Anna Falchi. Animatore dei salotti romani più 'in', Malagò ha legato il suo nome anche alla cultura (è tra l'altro nel Cda dell'Auditorium parco della musica) e al sociale (socio onorario del'Ail, l'associazione contro le leucemie e socio promotore e consigliere dell'associazione Amici dell'ospedale bambino Gesù). La domenica fisso il posto in tribuna per seguire i giallorossi: "Alla Roma penso spesso, non l'ho mai cronometrato - disse una volta - ma come posso ci penso". Ora dovrà pensare al calcio in altro modo: tra i punti del suo programma elettorale c'era l'esclusione dello sport più famoso dal governo del Coni. I 40 voti che lo hanno portato alla guida del comitato olimpico metteranno quest'idea alla prova dei fatti.
Malagò ha ribaltato lo sport, ora saprà rinnovarlo?
"Con Malagò ha prevalso il vento di cambiamento". Ci vorrà un po’ per capire se è vero, vedremo, diciamo che avere come padrini più o meno occulti Letta e Pescante non aiuta in partenza. Ma è già parecchio indicativo, per capire la portata di quanto accaduto al Coni, che il commento a caldo sul risultato appartenga a Giancarlo Abete, uno dei principali sostenitori dello sconfitto Raffaele Pagnozzi. Per lui ha vinto la temibile tentazione di cambiare e ha perso la rassicurante voglia di conservare: avvolgente, narcotizzante e, soprattutto, eterna.
Che Malagò sarà un bravo capo dello sport italiano è tutto da vedere. Ha davanti un lavoro spaventoso, nascosto dal muro di cartapesta dei medaglieri olimpici, che non è però più stato sufficiente ad arginare l’onda alta del malcontento. I problemi sono così tanti che si fatica a metterli in ordine di importanza: pratica sportiva da bassifondi delle classifiche europee, abbandono precoce dell’agonismo, impiantistica sportiva da terzo mondo, scuola assente, prostrazione dei tecnici, burocrazia debordante, risorse in calo e comunque sempre e interamente garantite dallo Stato, scarsa trasparenza nella gestione di alcune federazioni, giustizia sportiva da rifare, doping, scommesse, legge sul professionismo eccetera eccetera. Malagò non ha ancora 54 anni e già una vita di cariche alle spalle, alcune operative, altre molto rappresentative. Ha fatto il manager e tale si sente con ragionevole orgoglio.
E da manager vuole gestire un pezzo d’Italia che fino ad oggi è stato un’isola molto particolare nel grande mare del sistema pubblico, finanziata prima dal Totocalcio, poi direttamente dai Governi, mantenendo una sua autonomia spesso più apparente che sostanziale dalla politica. Il Coni garantiva medaglie con cui fare bello il Paese e posti nelle federazioni e in cambio non si dava troppo fastidio alla sua intoccabile nomenclatura, spesso con tessera di partito in tasca.
Per decenni è andata così, fino ad oggi. Basti pensare ai dati delle ultime elezioni delle federazioni: solo in 4 su 45 il candidato sfidante ha battuto il presidente uscente, tanto per chiarire quanto facile sia, per chi prende il potere, conservarlo più o meno per sempre. Ora arriva Malagò, che ha ribaltato il tavolo, mandato a carte all’aria il disegno ereditario di Petrucci, schiaffeggiato i potentati delle federazioni più grandi (calcio, ciclismo, nuoto, paralimpico) brandendo l’arma del rinnovamento. Ha presentato un programma ambizioso, molto, dal coinvolgimento dei privati alla trasformazione totale del rapporto con la scuola. Ha preso i voti, e adesso non importa neppure più tanto il come: se abbiano contato di più le sue infinite conoscenze o la sua capacità di coinvolgere e convincere un mondo cristallizzato e impaurito dalla crisi. Avrà parecchia gente contro, qualcuno anche all’interno della sua Giunta, dove sono entrate assai simbolicamente la Sensini e la May, giovani, belle, piene di voglia di fare. Due donne, pensate. In un mondo profondamente e senilmente maschile: una sola presidente di federazione (sempre su 45) e 6 membri del consiglio nazionale elettivo su 76. "La mia parola d’ordine nella vita è coraggio", ha detto Malagò prima della votazione che gli ha consegnato lo sport italiano. Adesso dovrà averne molto e spenderlo bene. Se tra quattro anni l’Italia avrà qualche medaglia in meno ma tanti impianti, tanti bambini e tanti ragazzi che fanno sport in più, beh: ne sarà valsa la pena.
Che Malagò sarà un bravo capo dello sport italiano è tutto da vedere. Ha davanti un lavoro spaventoso, nascosto dal muro di cartapesta dei medaglieri olimpici, che non è però più stato sufficiente ad arginare l’onda alta del malcontento. I problemi sono così tanti che si fatica a metterli in ordine di importanza: pratica sportiva da bassifondi delle classifiche europee, abbandono precoce dell’agonismo, impiantistica sportiva da terzo mondo, scuola assente, prostrazione dei tecnici, burocrazia debordante, risorse in calo e comunque sempre e interamente garantite dallo Stato, scarsa trasparenza nella gestione di alcune federazioni, giustizia sportiva da rifare, doping, scommesse, legge sul professionismo eccetera eccetera. Malagò non ha ancora 54 anni e già una vita di cariche alle spalle, alcune operative, altre molto rappresentative. Ha fatto il manager e tale si sente con ragionevole orgoglio.
Per decenni è andata così, fino ad oggi. Basti pensare ai dati delle ultime elezioni delle federazioni: solo in 4 su 45 il candidato sfidante ha battuto il presidente uscente, tanto per chiarire quanto facile sia, per chi prende il potere, conservarlo più o meno per sempre. Ora arriva Malagò, che ha ribaltato il tavolo, mandato a carte all’aria il disegno ereditario di Petrucci, schiaffeggiato i potentati delle federazioni più grandi (calcio, ciclismo, nuoto, paralimpico) brandendo l’arma del rinnovamento. Ha presentato un programma ambizioso, molto, dal coinvolgimento dei privati alla trasformazione totale del rapporto con la scuola. Ha preso i voti, e adesso non importa neppure più tanto il come: se abbiano contato di più le sue infinite conoscenze o la sua capacità di coinvolgere e convincere un mondo cristallizzato e impaurito dalla crisi. Avrà parecchia gente contro, qualcuno anche all’interno della sua Giunta, dove sono entrate assai simbolicamente la Sensini e la May, giovani, belle, piene di voglia di fare. Due donne, pensate. In un mondo profondamente e senilmente maschile: una sola presidente di federazione (sempre su 45) e 6 membri del consiglio nazionale elettivo su 76. "La mia parola d’ordine nella vita è coraggio", ha detto Malagò prima della votazione che gli ha consegnato lo sport italiano. Adesso dovrà averne molto e spenderlo bene. Se tra quattro anni l’Italia avrà qualche medaglia in meno ma tanti impianti, tanti bambini e tanti ragazzi che fanno sport in più, beh: ne sarà valsa la pena.
Bene qualcosa inizia a muoversi, lo sport ha iniziato il proprio percorso di rinnovamento, ora servirebbe un segnale importante anche dalla politica. Speriamo.
RispondiEliminaRossano, ma non mi sembra proprio un uomo nuovo questo Malagò? O sbaglio?
RispondiElimina10:51 fondamentalmente hai ragione: il senso della elezione di Giovanni Malagò alla presidenza del Coni è ancora molto ( forse troppo ) romanocentrica. E' certamente un uomo del sistema di potere romano, la speranza è che sia illuminato nel rinnovamento.
RispondiEliminaHo capito hanno messo il solito uomo di ROMA, che farà gli interessi del CUPPOLONE al 99%, metre gli interessi del resto d'Italia saranno tutelati all'1%. Anche qui la vera svolta non c'è ancora stata!!!
RispondiEliminaSperiamo fortemente che il nuovo Presidente smentisca questa tua fondata sensazione. Giovanni Malagò dovrà dimostrare di essere il rappresentante dello Sport Italiano e non semplicemente di quello ROMANO.
RispondiElimina