Cinquant'anni fa esatti, il 3 giugno 1971, Chioggia e Sottomarina ospitavano per l'ultima volta una frazione del Giro d'Italia di ciclismo. La corsa rosa, che allora si teneva spostata in avanti di circa venti giorni rispetto a ora, arrivò in lungomare Adriatico dove la volata vide la vittoria del belga Patrick Sercu, uno dei nomi più ricorrenti nelle biglie da spiaggia.
L'indomani la carovana ripartì da Chioggia dopo la punzonatura, diretta alla volta di Bibione. Sono passati 50 anni e il Giro d'Italia non lo si è più rivisto in città, salvo un fugace passaggio lungo la Romea a Sant'Anna nel 1982: un'amministrazione che volesse far partire con il botto la stagione turistica, lanciandola mediaticamente per molti giorni in tutta Italia e non solo, penserebbe senza remore a ospitare l'arrivo e/o la ripartenza di una frazione del Giro, facendosi aiutare economicamente dalle categorie del settore ricettivo, turistico, della ristorazione.
Eppure, nonostante si parli tanto di ciclabilità e sostenibilità, pare che a Chioggia questa normalità sia utopia. Occasioni perdute su occasioni perdute, anche quando si possono trattenere per interi giorni entourage, troupe televisive, attenzione mediatica proprio a ridosso dell'apertura degli stabilimenti.
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